lunedì 26 luglio 2010

IL SOCIALE POLITICO

Tante volte in passato mi sono chiesto se operare nel sociale equivale a fare "politica". Oggi come allora la risposta è sempre la stessa. Se operare nel sociale significa rimuovere tutto ciò che ostacola e si oppone al cambiamento necessario per poter costruire una società dove il disagio e la diversità si integrano totalmente con tutti gli altri suoi elementi allora si fa politica.
Sono convinto, così come tanti altri, che la politica deve rendere operative tutte le idee che soggiacciono alla risoluzione dei problemi. Risolvere i problemi deve essere uno dei pochi compiti a cui deve assolvere la politica.
Ovviamente mi riferisco ai problemi che affliggono la comunità nella sua interezza. L'anziano, il disabile, il tossicodipendente, l'alcolista, il povero, ecc. non possono essere considerati solo singoli cittadini. Una società civile e sana non può non considerare il disagio in generale come elemento parte del tutto. Se il disagio di un singolo diventa il disagio di tutti affrontarlo e risolverlo fin dove è possibile risulta di gran lunga più semplice.
Oltretutto se l'essere umano è un animale sociale non può essere separato in tante unità non comunicanti tra loro. L'inclusione di cui tanto si parla oggi è una delle risposte possibili e praticabili da condividere. Non si possono ottenere dei risultati positivi e duraturi se non si lavora in questa direzione. Demolire i pregiudizi, l'ignoranza, i bassi interessi, ecc. deve rappresetare la via maestra per tutti gli operatori che vogliono costruire una comunità di persone sane ed equilibrate. Non bisogna più concentrarsi solo sul singolo, sul portatore del disagio, ma su tutto ciò che lo circonda. Non si guarisce se non si abbatte l'isolamento in cui ci si costringe e si è costretti.    

Nessun commento: